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STRUMENTI FINANZIARI QUOTATI DIVERSI DALLE AZIONI ED ESENZIONE DAL T.U.S.P.

5/12/2023

A cura di Elena Valenti

Il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, per il tramite dell’osservatorio Enti Pubblici e Società partecipate, con documento n. 13254 del 15 novembre 2023, si è pronunciato circa la questione relativa alla sorte delle società a partecipazione pubblica che si definiscono società quotate in virtù dell’emissione di strumenti finanziari diversi dalle azioni.

Nel corso degli ultimi anni sono pervenute diverse segnalazioni al Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti da parte di società a partecipazione pubblica quotate i cui strumenti finanziari non azionari sono prossimi alla scadenza.

Il problemaattiene alla configurabilità della società a partecipazione pubblica come società quotata nel caso in cui lo strumento finanziario giunga a scadenza.

Ci si chiede se la società perda lo status di società quotata in modo irreversibile, oppure se una nuova emissione di titoli di eguale natura sia idonea alla conservazione dello status, almeno finché la società si trovi in costanza di emissione.

La questione affrontata risulta rilevante in quanto la riconducibilità di una società a partecipazione pubblica nel perimetro delle società a partecipazione pubblica quotate comporta l’esclusione dall’applicazione del T.u.s.p, come disposto dall’art. 1, comma 5, dello stesso Testo unico.

Dunque, l’attrazione al perimetro delle società a partecipazione pubblica quotate comporta una differenziazione delle norme che regolano la vita della società.

Secondo quanto disposto dal T.u.s.p. all’art. 2, comma 1, per società quotate si intendono quelle società che <<emettono azioni quotate in mercati regolamentari e le società che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentari >>.

Parte della scienza giuridica ritiene che tale cesura temporale abbia la funzione di evitare una impropria estensione dell’ambito di applicazione del Testo unico, con funzione antielusiva.

Con riferimento alle società emittenti strumenti finanziari diversi dalle azioni il legislatore ha previsto, all’art. 26, comma 5 del Testo unico, che si possano considerare quotate anche le società a partecipazione pubblica che abbiano emesso detti strumenti all’esito di un procedimento concluso entro il termine di dodici mesi dall’entrata in vigore del Testo unico, dunque entro il 23 settembre 2017.

Per le sole società del comparto energetico il d.l. 17 maggio 2022, n. 50, all’art. 52, comma 1-bis, prevede che gli strumenti finanziari diversi dalle azioni debbano essere emessi inderogabilmente alla data del 31 dicembre 2021.

La definizione unitaria del Testo unico, che rappresenta la volontà da parte del legislatore di equiparare le società quotate a quelle che hanno emesso strumenti finanziari diversi dalle azioni, si deve all’accoglimento delle osservazioni presentate con dossier n. 322 del 2016 nel corso dei lavori preparatori del Testo unico dalla Commissione V Bilancio della camera.

La Commissione V Bilancio auspicava una ridefinizione della nozione di società quotata al fine di includervi le società che avessero avviato processi di emissione di strumenti finanziari quotati diversi dalle azioni in mercati regolamentati, già posti in essere alla data di emissione del Testo unico.

La definizione di società a partecipazione pubblica quotata confluita nell’art. 2, lettera p), del Testo unico risulta essere dunque una nozione che affianca, secondo parte della scienza giuridica, una nozione statica ed una transitoria.

Tuttavia, la norma non chiarisce se l’esaurimento dello strumento finanziario comporti l’attrazione nell’ambito di applicazione del Testo unico ovvero se la società possa considerarsi esclusa dall’ambito applicativo nel caso di successiva emissione di strumenti di eguale natura.

Secondo il Consiglio Nazionale dei commercialisti e dei dottori contabili l’assenza di una norma chiarificatrice depone in favore della considerazione che il Testo unico si limiti a dettare le condizioni per l’acquisto dello status di società a partecipazione pubblica quotata, ma non neghi in alcun modo che alla scadenza la società possa, con una nuova emissione, considerarsi una società a partecipazione pubblica quotata.

Stando alla lettera della norma, dunque, è condizione espressa soltanto che la prima emissione sia già avvenuta al dicembre 2015, ovvero che il procedimento si sia stato avviato entro il 30 giugno 2016 e si sia perfezionato nei dodici mesi successivi all’entrata in vigore del Testo unico.

L’emissione degli strumenti finanziari avvenuta nei termini indicati dalla norma si pone non solo come conditio sine qua non ai fini dell’ascrivibilità come società quotata, ma anche come antecedente in grado di consentire alla società il mantenimento dello status di società quotata, che va considerato in corrispondenza dell’arco di durata di ciascuna successiva emissione, purché sia presente un carattere continuativo.

Tale interpretazione del vuoto normativo consente di evitare una ingiustificata differenziazione di trattamento in presenza di condizioni fattuali immutate, nonché di interferire sulle prospettive di ricorso al credito e più in generale sul legittimo affidamento degli azionisti.

In particolare, si tratta di considerare l’eventualità in cui la scadenza dello strumento finanziario coincida con il rinnovo dell’affidamento da parte degli azionisti.

Si tiene in considerazione che gli investimenti della società siano spesso supportati proprio dagli strumenti finanziari giunti a scadenza.

Il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha inoltre suggerito una possibile revisione della disciplina, per rispondere alle diverse esigenze di finanziamento.

In particolare, sarebbe possibile prevedere da parte del legislatore diverse soluzioni che vadano al di là della mera logica transitoria finora adottata.

Per esempio, subordinare l’equiparazione alla funzionalizzazione dell’emissione ad un piano di investimenti legato alla gestione di talune attività di particolare rilievo (come i servizi di interesse economico generale) o prevedere una applicazione selettiva delle norme speciali del Testo unico e non una sottrazione totale.

La lettura della disposizione proposta dal Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili si pone come punto di equilibrio tra due diverse contrapposte esigenze: la volontà del legislatore di impedire fenomeni elusivi e ragionevolezza nell’interpretazione della norma.

Se accolta nella sua interezza, l’interpretazione così esposta avrebbe una conseguenza iniqua: le società a partecipazione pubblica che hanno emesso strumenti finanziari diversi dalle azioni alla data indicata dal legislatore vanterebbero un favor da parte del legislatore rispetto alle società che emettono strumenti finanziari successivamente alla data del 31 dicembre 2015.

Seppur è indubbio che nella scrittura del Testo unico il legislatore ha dimostrato un certo favor nei confronti delle società che avevano emesso strumenti finanziari entro la cesura temporale, la ratio della norma è da ravvisare nella tutela degli investitori che avevano sottoscritto gli strumenti finanziari anteriormente alla data in vigore del Testo unico (più precisamente, anche prima che fossero diffuse le prime bozze del Testo unico) e non nella volontà di conferire a quest’ultime società una posizione di vantaggio assoluta.

Si tratta di una esigenza di tutela avvertita da legislatore nei confronti degli investitori che avevano sottoscritto gli strumenti finanziari diversi dalle azioni nella consapevolezza del regime giuridico applicabile. Tuttavia, è auspicabile e necessario un intervento del legislatore che possa colmare il vuoto normativo.

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