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SULLA NECESSITÀ DI RIDISEGNARE L’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLE NORME IN MATERIA DI TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE: L’ATTO DI SEGNALAZIONE ANAC N. 3/2020

LAVINIA ZANGHI BUFFI

14 settembre 2020

L’Autorità Nazionale Anticorruzione (l’ “Anac” o l’ “Autorità”) ha inviato lo scorso 9 luglio a Governo e Parlamento un Atto di segnalazione con delle osservazioni e proposte di modifica in merito ad alcune disposizioni del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”.

L’art. 2 bis, comma 2, lettera b) del d.lgs. 33/2013, esclude le società quotate dall’ambito di applicazione del regime di trasparenza previsto per le società in controllo pubblico, rinviando, per la definizione di società quotata, al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, “TUSP”), che comprende in tale categoria sia le società con azioni quotate, sia quelle abbiano emesso strumenti finanziari quotati diversi dalle azioni purché entro la data del 31 dicembre 2015. 

Secondo l’Autorità, la norma in esame sarebbe il frutto di un non perfetto coordinamento tra normative diverse e non sarebbe pienamente coerente con le esigenze di prevenzione della corruzione e di trasparenza. Infatti, per entrambi i tipi di società previsti dal suddetto art. 2 bis, comma 2, lettera b) l’Anac rileva come, anche tenuto conto del particolare regime giuridico a cui essi sono sottoposti, specie in materia di diffusione di informazioni a tutela degli investitori e del funzionamento del mercato concorrenziale, non appaia giustificata una generale e totale esenzione dagli obblighi in materia di trasparenza. 

L’irragionevolezza della deroga è emersa, in concreto, nel corso dell’attività di vigilanza svolta dall’Autorità, nell’ambito della quale sono emersi casi di esclusione dall’ambito di applicazione del d.lgs. 33/2013 riguardanti «società in controllo pubblico di rilevante interesse pubblico sia per le funzioni e le attività svolte che per le ingenti risorse pubbliche investite». Ciò vale, ad esempio, per Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., che rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 2 bis, comma 2, lett. b), per quanto società a controllo pubblico, per il fatto di emettere strumenti finanziari quotati diversi dalle azioni, come le obbligazioni, fin dal 2014; una situazione simile è quella di Anas S.p.A., che, per il solo fatto di essere entrata a far parte del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane (“FSI”) il 18 gennaio 2018, rimarrebbe esclusa dal d.lgs. 33/2013 in quanto FSI emette strumenti finanziari diversi dalle azioni fin dal 2013, in un mercato, quello di Dublino, presente nell’elenco dei mercati c.d. regular dell’ESMA.

La deroga inoltre assume un importante rilievo anche in relazione al fenomeno delle società quotate a livello locale, che spesso operano in settori di rilevante interesse pubblico.

Le stesse perplessità emergono poi con riferimento alla materia della prevenzione della corruzione. L’ambito di applicazione della l. 190/2012 è infatti definito mediante rinvio a quello della disciplina sulla trasparenza (in particolare, l’art. 1, comma 2 bis, della legge 190/2012 rinvia, per l’individuazione dell’ambito soggettivo, all’art. 2 bis del d.lgs. 33/2013) e dunque trovano applicazione, anche in questo caso, le deroghe appena esaminate.

I dubbi che l’Autorità nutre rispetto alle previsioni di cui all’art. 2 bis, comma 2, lett. b) del d.lgs. 33/2013 dipendono soprattutto dal fatto che tale disposizione accomuna tipologie di società tra loro molto diversificate, ovvero le società in controllo pubblico che emettono azioni quotate e quelle che emettono strumenti finanziari diversi dalle azioni in mercati regolamentati. Per quanto in entrambi i casi si tratti di società che svolgono rilevanti attività di interesse pubblico e in cui sono investiti capitali pubblici, vanno tenute in debita considerazione le differenze tra le due tipologie, legate al tipo di prodotti finanziari che vengono emessi, dal momento che (solo) «le società con azioni quotate sono da ritenersi oggetto di una avvenuta e piena privatizzazione». 

Conseguentemente, rileva l’Autorità, se da un lato il regime derogatorio in esame è giustificato con riferimento alle società che emettono azioni quotate, queste stesse deroghe appaiono meno comprensibili per le società in controllo pubblico che emettono strumenti finanziari diversi dalle azioni in mercati regolamentati, quantomeno con riferimento all’attività di pubblico interesse da queste svolta, dal momento che, in casi simili, la scelta relativa all’emissione non sembra incidere sulla natura delle società e delle attività svolte, essendo piuttosto determinata dalla necessità di acquisire disponibilità economiche.

Analogamente, per le società partecipate, ma non in controllo, che emettono azioni quotate o strumenti finanziari diversi dalle azioni (sia in mercati regolamentati che non), non sembra giustificata l’esclusione dall’applicazione delle misure di trasparenza previste al citato art. 2 bis, comma 3, seppure con riferimento alla sola attività di pubblico interesse svolta.

Pertanto, sarebbe opportuno riformulare anche l’art. 2 bis, comma 3, al fine di ricomprendervi espressamente anche le suddette società (pur rimanendo ferma, per esse, la non applicabilità delle norme di cui alla l. 190/2012 in quanto non espressamente richiamate dal suo art. 1, comma 2 bis). 

Ancora, secondo l’Anac, si dovrebbe introdurre nell’art. 2 bis del d.lgs. 33/2013, una specificazione nel senso che la deroga in esso contenuta, in conformità con la definizione di società quotata prevista dal TUSP, opera esclusivamente nelle ipotesi di emissione di azioni in mercati regolamentati propriamente detti, e chiarire che rientrano nel novero delle società in controllo pubblico, ai fini delle norme in esame, anche quelle in controllo c.d. congiunto, intendendosi con ciò le società partecipate da più amministrazioni con capitale pubblico maggioritario.

L’Autorità ritiene infine che debba essere attribuito ad essa, d’intesa con la CONSOB, il compito di individuare gli specifici obblighi che i soggetti interessati dalle modifiche normative proposte dovrebbero rispettare, al fine di contemperare gli interessi pubblici sottesi alla normativa sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione con la tutela degli investitori e dei mercati finanziari.

Da ultimo, sottolinea l’Autorità, in coerenza con le modifiche proposte in relazione all’art. 2 bis del d.lgs. 33/2013, appare opportuno proporre una parallela modifica dell’art. 22, comma 6, dello stesso decreto, in tema di obblighi di pubblicazione dei dati relativi agli enti pubblici vigilati e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato. Tale norma, infatti, attualmente esenta le pubbliche amministrazioni partecipanti dal pubblicare tali dati relativamente alle società, dalle stesse partecipate, con azioni quotate in mercati regolamentati, italiani o europei.

Le proposte di modifica dell’Anac, tese a rafforzare il controllo dell’Autorità sulle società partecipate (e, in particolare, controllate) dalle pubbliche amministrazioni, anche quando queste abbiano raggiunto un elevato grado di privatizzazione delle forme e delle modalità operative, quale è quello che si esprime nella negoziazione di strumenti finanziari su mercati regolamentati, rischia forse di scoraggiare il ricorso a questi particolari, ma estremamente utili, assetti organizzativi. La valutazione finale, ovviamente, spetta al legislatore. 

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