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TRA NORME E NECESSITÀ: ANALISI CRITICA DEL PROTOCOLLO ITALIA – ALBANIA SULLA GESTIONE MIGRATORIA

20/03/2024

A cura di Lucilla Tempesta

  1. Introduzione

Il 6 novembre del 2023 la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ed il Primo Ministro Edi Rama hanno firmato il Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria. L’accordo nasce dalla necessità di rafforzare la collaborazione bilaterale fra i due paesi in ambito migratorio e dalla prospettiva di adesione della Repubblica di Albania all’Unione Europea.

Lo scopo dell’accordo (art 2), composto da 14 articoli e due allegati, è la ricollocazione dei richiedenti asilo salvati in mare da navi italiane in due centri sul territorio albanese (art. 4) che potranno ospitare fino a 3000 persone. La durata dell’accordo sarà di cinque anni ed il rinnovo automatico, a meno che un paese deciderà di recedere (art. 13). I minori, le donne incinta ed altri soggetti vulnerabili saranno esclusi da questi centri e ricondotti in Italia. La giurisdizione rimarrà italiana anche in territorio albanese (art. 5-8). L’ingresso e la permanenza in territorio albanese saranno concessi “al solo fine di effettuare le procedure di frontiera o di rimpatrio previste dalla normativa italiana ed europea e per il tempo strettamente necessario alle stesse” (art. 4, co.3). Per la durata del protocollo a titolo gratuito sono concesse due aree demaniali (art. 3) identificate nell’allegato 1. Il primo centro si troverà vicino al porto di Shengjin: il disimbarco e il procedimento di identificazione saranno svolti lì, dove ci sarà inoltre un centro di accoglienza per i richiedenti asilo (hotspot). A Gjadër sarà costruito il secondo centro per il rimpatrio (CPR) di coloro che non posseggono i requisiti per ottenere lo status di rifugiato o l’asilo. Le spese per le procedure e la costruzione delle strutture sono interamente a carico della Parte Italiana che si occupa inoltre di assicurare che vi siano strutture sanitarie per garantire il servizio sanitario necessario. Le autorità albanesi collaborano con quelle italiane a tutela delle cure mediche indispensabili e indifferibili ai migranti trattenuti. L’articolo 6 è a tutela della sicurezza chiarendo il funzionamento della collaborazione fra le due parti: la Parte italiana assicura il mantenimento dell’ordine e della sicurezza all’interno delle Aree designate mentre la Parte Albanese se ne occupa nello spazio esterno e durante i trasferimenti. Un’unità responsabile del buon andamento, coordinamento e supervisione delle questioni di sicurezza è istituita per ambe le Parti. Le autorità italiane si occupano di impedire l’uscita non autorizzata dei migranti dal territorio Albanese durante ed al termine delle procedure amministrative.

Il periodo di trattenimento nei centri opererà in accordo con la normativa italiana (art. 9) ovvero dovranno essere trattenuti gli stranieri “solo per il tempo strettamente necessario” che non potrà essere superiore ai 18 mesi nel caso di esecuzione dell’espulsione (art. 14 TUI). Le categorie a cui si applica il protocollo sono i richiedenti asilo provenienti da paesi di origine sicura durante la procedura di esame della domanda internazionale a cui si applica la procedura accelerata (ovvero soggetti non vulnerabili), a coloro che abbiano già presentato la domanda ottenendo un diniego ed infine alle persone in attesa di essere rimpatriate in assenza dei requisiti per il soggiorno in Italia.

Qualora si tratti di persone salvate in mare l’articolo 14 TUI co. 1  prevede che siano condotte “presso il centro di permanenza per i rimpatri più vicino”: il protocollo, per come inizialmente disposto, derogherebbe a questa norma.

  • Implicazioni giuridiche ed operative del protocollo

Il protocollo rappresenta un singolare tentativo di gestione extraterritoriale dei migranti poichè la gestione nei centri in territorio albanese e le procedure saranno espletati secondo la normativa interna italiana ed europea.

Sono evidenti i problemi giuridici ed applicativi: i due campi extraterritoriali dovranno acquisire uno status giuridico per cui l’autorità rimane quella italiana.

A tal proposito è necessario ricordare che all’art. 10 Cost. co. 3 si afferma “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.”, dunque non è previsto lo stesso diritto in un paese terzo che non sia territorio nazionale.

Un problema operativo riguarda invece la polizia italiana che dovrebbe occuparsi delle procedure di identificazione, eventualmente di rimpatrio e di asilo dovendo agire in territorio straniero.

La guardia costiera e la guardia di finanza sarebbero le due autorità legittimate a soccorrere in mare i migranti e trasferirli fino in Albania, o dalle coste della Sicilia o, dovendo fare un viaggio ancor più lungo, da Lampedusa. La capienza insufficiente delle imbarcazioni comporterebbe continuii viaggi eccessivamente prolungati. Tale circostanza potrebbe tradursi in un ulteriore aggravamento del sovraffollamento nei centri di accoglienza, con particolare riferimento a località come Lampedusa.

Inoltre, per le operazioni in Albania è richiesta la presenza di funzionari italiani che dovranno compiere più volte il viaggio dall’Italia per espletare tutte le procedure.

L’accordo assicura che le persone più fragili saranno sbarcate in Italia e non in Albania mettendo in atto degli sbarchi selettivi, in violazione dell’art. 3 della Costituzione ammettendo una ipotesi di discriminazione basata su una condizione personale che comporta una vulnerabilità o meno.

La questione del trattenimento delle persone trasportate in Albania che presentano richiesta di asilo solleva gravi questioni giuridiche. L’accesso alla procedura e allo screening non è possibile sulle navi, dove è invece obbligatorio fornire informazioni alle persone riguardo alla possibilità di richiedere la protezione internazionale. La Corte Europea dei diritti umani nel 2013 (causa Hirsi Jamaa per i respingimenti collettivi attuati nel 2009 verso la Libia), si era espressa spiegando che “alcuna valutazione sulla condizione delle persone salvate in mare può essere condotta a bordo delle navi italiane prima del loro trasporto sulla terraferma e dovrebbe avvenirecon personale adeguato e con tutte le garanzie”. Le operazioni di registrazione e formalizzazione della domanda devono avvenire di fronte alle autorità di frontiera (polizia di frontiera o questura) e, nel caso si ritenga opportuno applicarla in Albania, le domande verranno registrate in tale paese.

Il diritto dell’Unione non ammette automatismi in nessun caso: è sempre necessaria una valutazione delle misure meno afflittive, escludendo quindi il trattenimento. In contrasto, in Albania sarebbe possibile solo il trattenimento, rappresentando un secondo profilo di non conformità evidente. Non può esserci un automatismo riguardo alle persone che possono o devono rimanere nel territorio albanese o devono ritornare in Italia, neanche nel caso di provenienza da paese di origine ritenuto sicuro. L’immediatezza in questa fase non è praticabile, poichè situazioni di violenza, persecuzioni o di persone appartenenti a categorie vulnerabili non sono sempre identificabili in modo immediato. Si pensi, ad esempio, ai minori per i quali è necessaria una verifica dell’età. Inoltre, non è  possibile disporre un trattenimento e successivamente cercare le prove a sostegno.

  • Sviluppi normativi in Albania e in Italia: La Ratifica del Protocollo

Il 13 dicembre del 2023, l’Albania aveva sospeso la procedura in attesa della pronuncia della Corte costituzionale. La decisione faceva seguito a due ricorsi presentati contro l’accordo da membri di centro destra all’opposizione di Edi Rama. Il ricorso si fondava sul presupposto di una violazione delle leggi internazionali e della costituzione albanese. In particolare il protocollo, riguardando i diritti e le libertà delle persone ed incidendo sul territorio dello Stato, doveva essere concluso con autorizzazione del Presidente della Repubblica, assicurandone la trasparenza e democraticità. I dubbi sollevati si comprendono in relazione al confronto con il progetto del governo inglese in Rwanda dove, a fronte di accordo economico siglato a Kigali, i richiedenti asilo arrivati in territorio britannico attraverso il canale della Manica sarebbero stati trasferiti in Ruanda, prima ancora di esaminare il loro caso. Il 15 novembre 2023 la Corte Suprema ha dichiarato all’unanimità che il Ruanda non può essere considerato come un paese sicuro. Le persone da lì potrebbero essere respinte nel loro paese d’origine dove potrebbero subire violenze e persecuzioni, violando il principio di non refoulement. 

La Corte Costituzionale albanese si è espressa il 29 gennaio 2024 affermando che l’accordo con l’Italia è conforme alla Costituzione e dunque potrà essere ratificato in Parlamento. Secondo il comunicato stampa dell’organo albanese, l’accordo non mina l’integrità territoriale dell’Albania, nè lede le libertà degli individui nonostante le critiche di alcune organizzazioni non governative locali e dell’opposizione interna riguardo all’apertura delle strutture.

Il 15 febbraio il Senato della Repubblica, con 93 voti favorevoli e 63 contrari, ha approvato il d.d.l di ratifica ed esecuzione del Protocollo Italia-Albania. Non sarà possibile rendere operativi i centri in Albania entro la primavera del 2024 come era stato previsto, date le vicende politiche e legislative sia nel territorio italiano che in quello albanese. Le criticità avanzate in entrambi i territori riguardavano questioni di incostituzionalità. In Italia la critica muoveva dalla mancata osservanza dell’art. 80 Cost. il quale afferma che “Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.” Il protocollo, dato il suo contenuto, prescrive l’applicazione del suddetto art. 80. In Albania, come precedentemente mezionato, la previa e necessaria autorizzazione del Presidente della Repubblica aveva comportato l’audizione della Corte Costituzionale. L’esito in Italia è arrivato con la presentazione della legge di ratifica alla Camera dei Deputati da parte del Governo che il 24 gennaio aveva approvato la legge.

  • Conclusione

Il Protocollo Italia-Albania, sebbene miri a regolare la collaborazione bilaterale in materia migratoria, solleva una serie di questioni giuridiche, operative e politiche. L’analisi delle implicazioni legali e pratiche di tale accordo evidenzia la complessità della gestione extraterritoriale dei migranti e la necessità di rispettare i principi fondamentali del diritto internazionale e dei diritti umani.

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