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UNA SENTENZA DELLA CORTE SUPREMA DEL REGNO UNITO SULLA TUTELA GIURISDIZIONALE AMMINISTRATIVA

2019

GIORGIO MOCAVINI

Il 15 maggio 2019 la Supreme Court del Regno Unito ha pronunciato la sentenza R (on the application of Privacy International) (Appellant) v. Investigatory Powers Tribunal and others (Respondent) in relazione all’operatività di leggi che escludono il sindacato giurisdizionale su specifiche decisioni amministrative. Come è noto, nei sistemi di common law, tramite le ouster clauses, il legislatore può impedire che determinate categorie di atti compiuti dall’amministrazione siano sottoposte a judicial review. La rilevanza della sentenza citata è dovuta al fatto che i giudici hanno individuato limiti ulteriori rispetto al passato in ordine all’applicabilità delle ouster clauses. L’ammissibilità di queste ultime nell’ordinamento britannico, infatti, era stata già oggetto del famoso caso Anisminic Ltd v Foreign Compensation Commission, discusso dalla House of Lords nel 1969.

Per comprendere la portata innovativa della recente pronuncia della Corte Suprema si ritiene opportuno ricostruire brevemente i fatti e la ratio decidendi alla base della sentenza Anisminic, per poi passare all’analisi del caso Privacy International.

La sentenza Anisminic concluse una lunga controversia sorta a seguito delle tensioni prodotte dalla crisi di Suez. Nel 1956 il governo egiziano aveva confiscato gli impianti minerari che la società inglese Sinai Mining Co. Ltd possedeva nella penisola del Sinai. L’anno successivo, il governo aveva venduto le stesse proprietà minerarie a un’organizzazione egiziana, la Tedo (The Economic Development Organization), per un valore molto inferiore a quello di mercato. Nel 1959 l’Egitto corrispose al Regno Unito un indennizzo complessivo per le proprietà inglesi confiscate durante il conflitto, tra cui anche quelle della Sinai Mining, che nel frattempo si era trasformata nella società Anisminic Ltd. Il governo britannico incaricava la Foreign Compensation Commission della distribuzione degli indennizzi tra i diversi proprietari. Tale commissione era stata istituita nel 1950 dal Foreign Compensation ActQuesta legge prevedeva espressamente una ouster clause, che sottraeva al sindacato giurisdizionale le decisioni adottate dalla commissione in materia di risarcimenti e indennizzi.

Nel 1962 la commissione adottava il Foreign Compensation (Egypt) (Determination and Registration of Claims) Order, nel quale fissava i criteri di ammissione all’indennizzo. Secondo tali criteri, gli aventi diritto al beneficio potevano essere o i proprietari o i loro successori nel titolo, purché di nazionalità britannica. La società Anisminic avanzava richiesta di indennizzo, che la commissione, tuttavia, negava, sostenendo che il successore nel titolo della Sinai Miningfosse l’organizzazione egiziana Tedo, che non poteva soddisfare il requisito della nazionalità britannica. L’Anisminic, al contrario, sosteneva di richiedere l’indennizzo in qualità di proprietario originario britannico, non essendo rilevante che il suo successore nel titolo fosse una società egiziana. 

Il caso giunse innanzi alla House of Lords, la quale dispose l’annullamento del provvedimento della commissione, accogliendo la tesi di Anisminic. In questo modo, la House of Lords, in primo luogo, stabilì che l’errato esercizio del potere da parte di un’amministrazione può comportare l’annullamento del provvedimento che ne è espressione. In precedenza, invece, si riteneva che i provvedimenti amministrativi potessero essere viziati da due tipi di errors of law: quelli non-jurisdictional, attinenti all’esercizio del potere attribuito all’amministrazione; e quelli jurisdictionaldovuti all’uso, da parte dell’amministrazione, di poteri che la legge non le aveva conferito. Il sindacato giurisdizionale era ammesso solo sugli atti colpiti da jurisdictional errors of law.

In secondo luogo, la House of Lords restrinse l’ambito di applicazione della ouster clause legislativa, prevedendo che essa avrebbe potuto determinare l’esclusione della judicial review sui provvedimenti della commissione, solo nel caso in cui questi ultimi fossero stati esenti da qualsiasi errors of law. La presenza di questi vizi, infatti, rendeva automaticamente invalido il provvedimento, con la conseguenza che questo si sarebbe posto al di fuori del perimetro della ouster clause.

La sentenza R (on the application of Privacy International) (Appellant) v. Investigatory Powers Tribunal and others (Respondent) costituisce un’evoluzione dell’orientamento giurisprudenziale consolidatosi in tema di sindacato giurisdizionale fin dalla sentenza Anisminic.

Nel maggio 2014 l’organizzazione non governativa Privacy International e sette società internet providercontestavano innanzi all’Investigatory Powers Tribunal la legittimità dell’attività di hacking e spionaggio compiuta dai servizi di intelligence del governo britannico all’interno e al di fuori del Regno Unito. In particolare, i ricorrenti lamentavano che la Government Communications Headquarters, un’agenzia governativa incaricata di compiti di national security, avesse illegittimamente acquisito dati sensibili attraverso la tecnica della computer network exploitation.

L’Investigatory Powers Tribunal è un tribunale speciale istituito in virtù del Regulation of Investigatory Powers Actdel 2000 e la sua giurisdizione si estende agli atti compiuti dalle amministrazioni di intelligence. Il Regulation of Investigatory Powers Act stabilisce che tutte le attività di intelligence debbano essere condotte nel rispetto dei diritti umani e prevede espressamente una ouster clausesecondo la quale le decisioni del tribunale, comprese quelle con le quali il tribunale medesimo stabilisce se ha competenza o meno ad esaminare un caso, non possono essere impugnate presso alcun giudice.

Nel febbraio 2016 il tribunale rigettava il ricorso, osservando che l’attività di hacking era stata espressamente autorizzata dal Secretary of State, ai sensi dell’articolo 5 dell’Intelligence Services Act del 1994. Di conseguenza, l’azione dell’agenzia era considerata come del tutto legittima. I ricorrenti, tuttavia, impugnavano la decisione del tribunale presso la High Court. Quest’ultima, nel novembre 2016, si dichiarava priva di giurisdizione, per via della ouster clausecontenuta nel Regulation of Investigatory Powers Act. Nello stesso senso si pronunciava anche la Court of Appeal nel novembre 2017.

La questione, dunque, giungeva all’attenzione della Supreme Court, che era chiamata a rispondere a due interrogativi. Innanzitutto, occorreva comprendere se la decisione dell’Investigatory Powers Tribunal potesse essere oggetto di sindacato giurisdizionale da parte della High Court, nonostante la ouster clause del Regulation of Investigatory Powers Act. Successivamente e più in generale, era necessario chiarire se il Parlamento potesse escludere per legge il controllo giurisdizionale da parte della High Court sulle decisioni adottate da corti o tribunali speciali. 

Per quanto riguarda il primo quesito, la Supreme Court ha evidenziato che, in osservanza dei principi enucleati dalla sentenza Anisminic, le gravi violazioni di diritto sono sempre censurabili. Quando una decisione sia viziata da error of law, essa non può essere affatto considerata come una decisione e, pertanto, può essere oggetto di judicial review. Per quanto concerne il secondo problema, la Corte Suprema ha precisato che il Parlamento può sempre adottare delle ouster clauses, ma l’operatività di queste deve essere verificata dal giudice, dal momento che è necessario bilanciare il principio della sovranità del Parlamento con un altro principio fondamentale, quello della rule of law, che comprende anche il diritto a un equo processo condotto da un giudice terzo e imparziale.

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