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Cos’è la Struttura tecnica di missione per lo sviluppo delle infrastrutture e perchè ne abbiamo bisogno.

di Sofia Secchi

10/12/16

Con Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti 9 giugno 2015, n. 194, è stata soppressa la Struttura Tecnica di Missione (STM) di cui al Decreto ministeriale 10 febbraio 2003, n. 356, ed è stata istituita la nuova Struttura Tecnica di Missione per l’indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e il supporto alle funzioni di Alta Sorveglianza.

La Struttura tecnica di missione trova oggi il suo fondamento giuridico nelle previsioni del codice dei contratti (d.lgs. 18 aprile 2016 n.50), e più precisamente, nel relativo articolo 214.

L’articolo 214, nell’evidenziare che al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è affidato il compito di promuovere le attività tecniche ed amministrative per l’adeguata e sollecita progettazione e approvazione delle infrastrutture e per la vigilanza sulla realizzazione delle infrastrutture medesime, prevede che lo stesso Dicastero, per l’assolvimento di tali compiti, possa avvalersi della Struttura tecnica di missione.

La  STM come pensata dal predetto DM 194/2015 e dal codice presenta sostanziali differenze rispetto alla STM nata in relazione alla Legge Obiettivo.

Per comprendere la nuova veste e funzione della Struttura tecnica di missione e il perché del suo rinnovamento, può dunque essere utile analizzare brevemente le funzioni della Struttura tecnica originaria.

L’art 2 comma 3 lett a) del D.LGs 20 agosto 2002 n. 166, di attuazione della legge 21 dicembre 2001 n. 443 (Legge Obiettivo), prevedeva come  per l’espletamento delle attività di cui al citato decreto, ove non vi fossero specifiche professionalità interne, il Ministero potesse avvalersi di una Struttura tecnica di missione, da istituirsi con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Su tale base e considerata la necessità e l’urgenza di procedere alla costituzione della Struttura tecnica di missione, allo scopo di poter fornire un supporto valido alle attività di progettazione, approvazione e realizzazione delle opere inserite nel Programma per le infrastrutture strategiche (PIS) approvato ai sensi della Legge Obiettivo, è stato emanato il DM 10 febbraio 2003 n. 356 istitutivo della Struttura tecnica di Missione.

L’art 1 del DM prevedeva pertanto l’istituzione di una Struttura tecnica di missione che rispondeva al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il mandato di supportare il MIT nell’espletamento delle attività suddette, mediante lo svolgimento delle funzioni di cui all’art 2 del medesimo DM.

Ai sensi dell’art 2 la Struttura tecnica provvedeva:

  • “Alla costituzione e gestione della banca dati dei Progetti inseriti nel Programma di cui alla L. 443/2001;
  • alle analisi delle proposte di nuovo inserimento nel Programma;
  • Alla istruttoria delle richieste di finanziamento delle attività progettuali;
  • Al monitoraggio dell’avanzamento delle attività progettuali;
  • Alla promozione ed acquisizione del parere istruttorio delle Amministrazioni interessate;
  • Alla convocazione e gestione delle Conferenze dei servizi;
  • Alle analisi dei pareri istruttori e delle proposte di prescrizione emessi dai soggetti competenti in relazione ai progetti ed alla conseguente predisposizione delle proposte tecnico-amministrative al CIPE;
  • Al monitoraggio delle attività di realizzazione delle opere;
  • Al supporto delle attività dei Commissari straordinari” .

La Struttura tecnica nasce dunque con la missione infrastrutturale di realizzare le infrastrutture prioritarie per il Paese inserite nel PIS . La STM era dunque il luogo in cui venivano gestiti i progetti della Legge Obiettivo. Ne discente che le direzioni del Ministero erano tenute completamente fuori dalla conoscenza di quali fossero le priorità, di quali fossero le infrastrutture strategiche che si realizzavano, della preparazione delle carte per avere l’approvazione del CiPE, dello stato avanzamento lavori e così discorrendo. L’intero processo di scelta prima, di approvazione, di finanziamento e di realizzazione poi, era dunque gestito “offline” rispetto alle Direzioni generali del Ministero, all’interno della STM.

Si riteneva infatti che accentrare le funzioni tanto di indirizzo che di gestione in quest’unico organismo avrebbe reso più celere ed agevole il raggiungimento dell’obiettivo ambizioso (e direi fuori controllo) della realizzazione delle infrastrutture inserite nella sempre piû lunga shopping list del PIS.

In questo disegno istituzionale era previsto invece che il Ministero gestisse gli investimenti delle infrastrutture legate ad altre fonti giuridiche, come gli accordi di programma di RFI, di cui alcune erano inserite anche nella Legge Obiettivo (come l’Alta velocità), ma centinaia di altri progetti infrastrutturali no.

Permaneva dunque un sistema di pianificazione, programmazione e realizzazione delle infrastrutture duplice, che vedeva intersecarsi, più o meno coerentemente, le competenze della STM e delle Direzioni Generali.

Si capisce allora come ciò andasse a minare la possibilità di avere una visione cosciente, unitaria e coerente, tanto del fabbisogno infrastrutturale del Paese, quanto del patrimonio infrastrutturale esistente e in via di realizzazione, possibilità resa ancor più remota dall’assenza di una banca dati unica, affidabile e costantemente aggiornata.

È sulla base di questi presupposti e dalle loro spesso negative conseguenze, che si perviene ad una sostanziale modifica dei compiti e delle funzioni della STM con il DM 9 giugno 2015 n. 194.

Tale modifica viene effettuata sulla base della considerazione che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti svolge un ruolo fondamentale per il superamento della crisi economica che l’Europa settentrionale sta vivendo, in quanto è a questo che sono affidate le funzioni inerenti la realizzazione delle opere e degli interventi di infrastrutturazione del Paese e di miglioramento della mobilità di persone e merci.

In linea con la volontà del Governo di avviare una nuova stagione della politica infrastrutturale italiana volta a definire un quadro nazionale del sistema infrastrutturale unitario e quanto più possibile condiviso, emerge allora l’esigenza di assicurare che verranno opportunamente individuati i fabbisogni nazionali di infrastrutture e quindi le priorità in funzione della fattibilità delle singole opere e delle risorse disponibili. Affinché il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti possa svolgere tale ruolo centrale nella definizione delle priorità infrastrutturali del Paese, si rende allora necessario implementare la funzione di indirizzo e di pianificazione strategica infrastrutturale, e lo si fa proprio mediante il ripensamento della Struttura tecnica di missione.

La STM viene così concepita come competente non solo per le infrastrutture in senso stretto, ma come organo che garantisca al MIT una visione unitaria, sistemica, olististica dei trasporti.

Questa non viene più limitata nella sua funzione alla gestione tecnico-amministrativa del processo inerente le infrastrutture fisiche proritarie (funzione ora devoluta alle Direzioni Generali del MIT), ma viene chiamata a supportare il Ministero e il Ministro, oltre che nella pianificazione, programmazione e realizzazione degli interventi infrastrutturali prioritari, nello sviluppo delle politiche generali inerenti la materia dei trasporti, divenendo competente anche in materia di norme, indirizzi, sussidi.

Si vuole abbandonare pertanto il “costruire per il costruire” che aveva caratterizzato la vita della crescente shopping list della Legge Obiettivo, per dare spazio ad una politica cosciente e coscienziosa per la quale ad esempio una legge vale quanto un’autostrada, o ancora, un sussidio per spostare le merci dalla strada al ferro vale come una stazione ferroviaria. Nelle strategie e relative azioni esposte in Connettere l’Italia infatti solo una delle quattro previste riguarda le infrastrutture intese in senso stretto, “infrastrutture utili, snelle e condivise “.

Tale ripensamento della Struttura poggia le sue basi su ulteriori tre considerazioni.

In primo luogo, cambia l’orientamento del legislatore e si ritiene che nell’ambito della realizzazione delle opere e degli interventi per l’infrastrutturazione del Paese si debba procedere attraverso il ritorno alle procedure ordinarie, abbandonando quindi la procedura straordinaria introdotta dalla legge obiettivo (cambio di rotta che si ha, come detto, con l’emanazione del nuovo Codice degli appalti).

In secondo luogo, si ritiene che si debbano nettamente distinguere i compiti gestionali, compresa la verifica sulla realizzazione degli interventi, che debbono essere ricondotte in capo alle strutture amministrative competenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, lasciando alla Struttura tecnica unicamente compiti di indirizzo strategico.

In terzo luogo, si ritiene che alla Nuova Struttura debbano altresì affidarsi funzioni di Alta sorveglianza e monitoraggio, promuovendo fra l’altro, la stipula di accordi e protocolli d’intesa con l’Anac e la Guardia di finanza.

È con questo spirito dunque che alla nuova Struttura vengono affidate esclusivamente funzioni di “indirizzo e pianificazione strategica, impulso, analisi, studio, ricerca, consulenza e alta sorveglianza e monitoraggio sulle infrastrutture strategiche”, al fine di assicurare finalmente al Paese quell’occhio edotto dal passato, vigile sul presente e proiettato al futuro.

I compiti di gestione vengono invece riassegnati rispettivamente:

–          alle Direzioni Generali del Dipartimento per le infrastrutture e i sistemi informativi e statici, per quanto concerne le strade, autostrade e i sistemi idrici

–          Alle Direzioni generali del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali e il personale, per quanto concerne i compiti  gestionali in materia di infrastrutture portuali, aeroportuali, ferroviarie e metropolitane.

Una prima questione che bisognerà affrontare sarà dunque quella di organizzare e preparare i dicasteri a riaquisire quelle competenze che gli erano state sottratte. È presumibile che sarà necessario un periodo di assestamento, di riorganizzazione degli uffici e delle relative professionalità interne, al fine di assicurare l’efficiente assolvimento di tali funzioni.

L’art 2 del DM 194/2015 prevede come la Struttura tecnica di missione, accanto ai compiti centrali di carattere pianificatorio e consulenziale, svolga, in stretta collaborazione e sinergia con le Direzioni Generali, attività finalizzate al monitoraggio dell’avanzamento delle attività progettuali e della realizzazione delle opere, nonché dell’impiego delle connesse risorse economiche.

Ex art 2 infatti la STM provvede:

–          All’indirizzo e pianificazione strategica delle infrastrutture, innanzitutto attraverso la predisposizione del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica

  • All’attività di valutazione ex ante delle alternative progettuali, attività che trova oggi la giusta centralità e rilevanza. A tal fine è stato predisposto apposito Fondo per la predisposizione dei progetti di fattibilità, nell’ottica secondo cui è meglio spendere prima per scegliere bene che poi per rimediare a scelte poco oculate.

–          Ad acquisire dai Dipartimenti competenti il cronoprogramma delle opere programmate ed una relazione trimestrale sul relativo stato di avanzamento, al fine di adottare ogni utile azione di impulso nonché un cronoprogramma dei piani e dei programmi d’investimento da inserire nel Documento pluriennale di pianificazione (DPP), documento che vedrà la luce quest’anno dopo anni di mancata applicazione del suo decreto istitutivo

–          A fornire supporto ed alta consulenza giuridica, economica e tecnica ai Dipartimenti e al Ministro per le materie di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e dunque una consulenza che spazia su tutto il mondo cognitivo che entra in connessione con il mondo delle infrastrutture in un’ottica di visione complessa e onnicomprensiva della materia

–          Alla valutazione delle opere realizzate attraverso analisi costi/benefici, in modo tale da fornire uno storico del ritorno economico prodotto dalle singole opere (valutazione ex post) e imparare dalle best practices come dalle problematiche affrontate per i progetti la cui realizzazione si sia rivelata critica

–          A svolgere compiti di analisi, studio e ricerca nelle materie istituzionalmente affidate al MIT, anche in un’ottica comparatistica con le politiche e soluzioni, tanto istituzionali quanto tecniche, internazionali

–          A curare la banca dati dei progetti inclusi nel Programma delle infrastrutture strategiche promuovendo un sistema condiviso con le Amministrazioni. L’esistenza di una molteplicità di banche dati, tra loro non comunicanti, e la carenza di professionalità in grado di darne una lettura critica e di confronto, ha comportato difficoltà nell’adottare decisioni infrastrutturali consce del fabbisogno del Paese, nel predisporre e valutare le alternative progettuali più idonee ad inserirsi nel territorio e nel monitorare i risultati delle scelte effettuate.

–          Allo sviluppo di un sistema di interconnessione informatica dei dati da porre a disposizione del Servizio per l’Alta sorveglianza delle grandi opere (SASGO), istituito presso il Mit e finanziamento in parte dal capitolo attinente la STM, e del Comitato di coordinamento per l’Alta sorveglianza delle grandi opere, costituito presso il Ministero dell’interno. Si è pertanto restituita la pienezza delle funzioni di sorveglianza al SASGO ( quale autonomo servizio del MiT), lasciando in capo alla STM le funzioni connesse con lo sviluppo delle banche dati per il monitoraggio dei progetti inclusi nel Programma delle infrastrutture strategiche.

–          al monitoraggio sull’efficace ed efficiente utilizzazione delle risorse destinate alla realizzazione delle infrastrutture di competenza del Mit e sull’avanzamento delle attività progettuali e della realizzazione delle opere, sulla base dei dati forniti dai soggetti aggiudicatori o comunque acquisiti.

Va poi considerato che, con l’adozione del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016) è stato disposto che la Struttura tecnica di missione svolga anche le funzioni di Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici.

L’assorbimento della funzione di Nucleo di valutazione nella Struttura tecnica di missione apre una questione interpretativa riguardante la natura permanente o transitoria della Struttura stessa.

Se si va a guardare la genesi della Struttura tecnica di missione si vede infatti come sia la Legge Obiettivo, sia il suo decreto attuativo, ora abrogati, prevedessero l’istituzione della Struttura come una facoltà, e non un obbligo, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tale orientamento viene confermato poi dal D.lgs 163 del 2006 art 163 co 3, dal decreto n.72 dell’11 febbraio 2014, nonchè dal decreto istitutivo della Nuova Struttura tecnica di missione n. 194/2015.

Quest’ultimo conferma non solo l’eventualità dell’istituzione della Struttura tecnica di missione (che si potrebbe dire superata fattivamente dalla sua istituzione e successivo mantenimento negli anni della stessa), ma anche la sua natura temporanea.

L’art 1, del DM 194/2015 infatti recita: “ Essa opera fino alla scadenza del mandato del Governo in carica”.  Il carattere transitorio della STM appare dunque qui evidente: questa opera fintanto che il Governo che l’ha istituita resta in carica.

Il carattere di eventualità sembra poi essere confermato dal nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs . N.50 del 2016), dove all’art 214 comma 3 torna la possibilità per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di avvalersi della Struttura tecnica di missione; niente si dice invece rispetto al suo carattere temporaneo in quanto legato alla durata del governo che l’ha istituita.

Ora però, date le deficienze nel sistema di pianificazione e programmazione evidenziateci dal nostro recente passato, dato il rinnovato approccio infrastrutturale che il Paese sta perseguendo, e soprattutto date le nuove funzioni attribuite alla Struttura tecnica di missione, e in primis la funzione di Nucleo di valutazione, sembrerebbe logico, oltre che saggio, affermare che la Struttura non possa avere carattere temporaneo ne eventuale, ma debba avere carattere permanente onde assicurare il continuato svolgimento delle importanti funzioni ad essa assegnate.

La natura permanente della stessa può essere dedotta giuridicamente dal fatto che:

–          Il decreto istitutivo suddetto è anteriore al nuovo Codice appalti e pertanto risulta essere da questo implicitamente abrogato nella parte inerente la temporaneità della Struttura, in ragione delle funzioni di carattere continuativo e permanente che il Codice stesso le attribuisce

–          Il nuovo codice, seppur utilizzi l’espressione “ può avvalersi” e non “si avvale”, affermando dunque il carattere eventuale della Struttura, non dovrebbe dal punto di vista giuridico mettere in dubbio la permanenza della stessa, in quanto innanzitutto si parla di eventualità e non di temporaneità come legata alla durata del governo, e tale eventualità potrebbe sembrare superata dalla sua istituzione nella realtà dei fatti, e in secondo luogo sembrerebbe affermarne implicitamente la sua permanenza mediante l’assegnazione alla stessa di importanti funzioni fondamentali dal carattere stabile che richiedono continuità di esercizio, in primis la funzione di Nucleo.

Sarebbe opportuno ad ogni modo risolvere in modo chiaro questa “incoerenza sistemica” per meglio radicare nell’ambito del Ministero la Stm, eliminando il riferimento alla sua eventualità e temporaneità, e chiarendo come l’operare della Struttura tecnica di missione, dato il ruolo fondamentale ad essa attribuito, debba essere garantito stabilmente all’interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

 

 

 

 

 

 

 

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