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Il ruolo dell’Arera dal punto di vista tariffario: le criticità della tariffa puntuale sulla gestione dei rifiuti urbani

Mario Pizzuti

 

 

09/12/2018

 

 

Nell’arco di vent’anni, non si è ancora giunti ad una disciplina dettagliata su una questione centrale che da sempre ha riguardato la gestione dei rifiuti, ovvero, la questione tariffa o tassa. Si registrano numerosi ostacoli sia sul versante concettuale che pratico, determinanti non poche problematiche.

Ci si soffermerà in particolare sul ruolo e i limiti dell’azione dell’Arera (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e ambiente) in campo tariffario (considerate le competenze che le sono state da attribuite dalla legge 205/2017, tra le quali deve essere annoverata la regolamentazione tariffaria del settore).

Osservando il problema dalla prospettiva che ci fornisce la scienza delle finanze, possiamo notare come, il corrispettivo che gli utenti devono versare per il servizio di gestione integrata dei rifiuti, corrisponda ad un’imposta e non una tariffa, o meglio, un’imposta che viene calcolata in parte come una tariffa.

 

Il Testo Unico Ambientale (TUA), nel corso degli anni, non ha supplito alla lacuna normativa che ha inficiato sin dall’inizio la tariffa puntuale, permanendo il carattere di prestazione patrimoniale imposta, pur non ravvisandosi una natura asseritamente tributaria. Viene circoscritto l’intervento del Legislatore delegato, alla sola definizione di misurazione puntuale dei rifiuti, attraverso delle modalità che non hanno riscosso particolare successo.

Ai fini della trattazione occorre fare riferimento all’articolo 1 comma 668 legge n. 147/2013, a norma della quale, i Comuni che hanno attivato il sistema di misurazione puntuale dei rifiuti conferiti, possono applicare la tariffa corrispettivo, tuttavia, tale tariffa è priva di una regolamentazione normativa puntuale di riferimento, in particolare per la determinazione del quantum da applicare a ciascun utente.

Viene richiamato il D.P.R n. 158/1999, per il quale, i Comuni, erano (ma lo sono anche ora) legittimati a non applicare il regolamento normalizzato e ad adottare una tariffa libera. La problematica che viene immediatamente in evidenza sta nel calare un simile assetto normativo, in un contesto di privativa comunale, che come è noto, ancora è rinvenibile per quanto riguarda la gestione dei rifiuti urbani a norma dell’art.198 del D. lgs. 152/2006.

Questa criticità configura una violazione della riserva di legge rinvenibile direttamente nell’art. 23 della nostra Costituzione. Il decreto ministeriale 29/04/2017, avrebbe dovuto in primo luogo rimediare a questa lacuna legislativa, definendo i criteri tecnici per la determinazione della tariffa in questione. Tuttavia, vengono definite le condizioni gestionali di partenza e non le regole da rispettare per la costituzione del prelievo.

Nel decreto è possibile rinvenire la definizione della sola parte variabile della tariffa (in particolar modo negli articoli 8 e 9), non essendo prevista alcuna disposizione per quanto riguarda la parte fissa. Riferendosi lo stesso ad una prestazione patrimoniale imposta, non sono ammesse delle lacune normative e di conseguenza, dal punto di vista sistematico, si dovrebbe fare riferimento al D.P.R n. 158/1999 per quanto riguarda la parte fissa del tributo e al D.M del 2017 per quanto riguarda la parte variabile dello stesso.

Dei rinvii al vecchio metodo normalizzato sono anche riscontrabili nella nuova tariffa puntuale (ad esempio negli articoli 7 e 8 del decreto), anche se in via residuale, rispetto ai criteri più precisi. Ne deriva il fatto che, la mancanza di indicazioni nel decreto comporta la libertà d’azione nella costruzione della parte di quota variabile.

Infine, nel decreto, non è riscontrabile alcuna indicazione su quelli che sono i costi da coprire per quanto riguarda la quota variabile della tariffa, in quanto, vengono indicati solamente i criteri di ripartizione dei costi medesimi.

Se si adottasse tale impostazione normativa il metodo normalizzato tornerebbe il solo metodo applicabile, permanendo il carattere di prestazione patrimoniale imposta.

Alla luce di tale configurazione, è possibile scorgere le inefficienze collegate al nuovo metodo di calcolo della tariffa in modo puntuale, anche tenendo in considerazione il fatto che, la premessa gestionale per l’adozione di una tariffa puntuale è la misurazione di quelli che sono i rifiuti indifferenziati, che rappresentano una parte di minoranza dell’ammontare dei rifiuti che vengono effettivamente prodotti (in quanto i rifiuti indifferenziati rappresentano circa il cinquanta percento).

Inoltre, l’entrata in questione è pensata e destinata a particolari realtà comunali che sono connotate dal fatto di essere particolarmente avanzate per quanto riguarda la raccolta differenziata, con una percentuale prevalente rispetto a quella dei rifiuti in conferimento.

La misurazione dei rifiuti residui a norma dell’art. 6 del Decreto può essere effettuata attraverso la misurazione diretta e indiretta (ovvero ottenuta mediante la traduzione del volume in peso), anche utilizzando dei parametri con riferimento al sacco di conferimento in termini di capacità dello stesso.

Residua ancora la possibilità di utilizzo di coefficienti di produttività dei rifiuti riportati nel D.P.R. n. 158/1999, che devono essere desunti facendo riferimento al territorio di conferimento, trattandosi, in ogni caso, di misure presuntive riferite alla sola produzione dei rifiuti indifferenziati.

Ulteriore metodo di determinazione della tariffa può essere quello riportato nell’art. 9 del decreto, con riferimento al numero dei servizi che vengono messi a disposizione dell’utenza anche quando questa non li utilizzi effettivamente.

A norma del decreto del 2017, nulla osta al fatto che la tariffa possa tradursi in una tariffa puntuale di natura tributaria, in quanto, l’art. 1 comma 668 della legge n.147/2013, declina l’istituzione di una tariffa come corrispettivo in termini di mera facoltà, da parte di Comuni che si sono dotati di sistemi di misurazione puntuale dei rifiuti, chiaramente un’accezione di questo tipo necessita che siano colmate le lacune normative in ragione della precedentemente indicata riserva di legge costituzionale.

La nuova Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente ha dei compiti in tale proposito, che vengono espressamente contemplati nella sua legge di costituzione.

In particolare, a norma dell’art. 1 comma 527, legge n. 205/2017, vengono attribuite all’Arera le funzioni di «regolazione e controllo», con riferimento all’aggiornamento del metodo tariffario e la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti, e di quelli che sono i servizi costituenti le attività di gestione degli stessi, per la copertura dei costi di esercizio e di investimento, compresa la remunerazione di capitali, sulla base della valutazione dei costi efficienti e del principio “chi inquina paga”(lettera f).

Viene dunque in rilievo, la creazione di un sistema tariffario sulla falsariga di quello che è stato pensato per il servizio idrico, improntato sulla c.d. full cost recovery, ovvero un metodo volto al recupero integrale di quelli che sono i costi del servizio.

Attraverso il futuro algoritmo si vuole ovviare a quelli che sono i vuoti normativi esistenti in materia di tariffa puntuale, per il raggiungimento di un miglioramento sistematico, sia sotto il profilo della maggiore congruenza delle stesse in termini di corrispondenza ad un modello tariffario, sia dal punto di vista della completezza delle prescrizioni.

L’intervento dell’Arera è circoscritto all’entrata patrimoniale e non si estende alla regolazione della costruzione del prelievo tributario. Si riscontrano dunque dei limiti evidenti nella regolamentazione economico finanziaria, e tutt’oggi I principi ambientali sono lontani dai principi che riguardano il calcolo della tariffa.

Ugualmente, non pare possibile che il futuro modello di tariffazione possa essere imposto ai Comuni che, a norma della legislazione vigente rimangono i soggetti titolari dello ius impositionis,per quanto riguarda il prelievo sui rifiuti, ai quali spetta l’entrata tributaria e l’istituzione della tariffa corrispettivo.

Se i Comuni dovessero aderire alla seconda scelta, dovrebbero adeguarsi al corrispettivo determinato dall’elaborazione dall’Arera in base al metodo normalizzato

È auspicabile una modifica della normativa primaria (a cui l’Autorità potrebbe contribuire in virtù del potere di segnalazione e proposta di revisione del quadro normativo vigente) che, accompagnata da una soluzione tariffaria, possa portare ad un definitivo abbandono dei criteri evocanti la capacità contributiva, per favorire dei criteri di calcolo della tariffa sulla base di parametri di qualità.

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