Lab-IP

Le sfide della regolazione indipendente nel servizio idrico integrato.

di Vittoria Vetrano

 

Aprile 12, 2017

 

Non è nuovo nel dibattito giuridico il problema che ha ad oggetto la limitatezza delle risorse finanziarie pubbliche per quanto riguarda gli investimenti necessari all’ammodernamento delle reti dei servizi idrici. Questi investimenti non potendo più gravare sulla fiscalità generale, hanno determinato l’emersione dell’esigenza di un radicale ripensamento dell’organizzazione e della gestione dei servizi idrici e del loro sistema di governo. La complessità delle valutazioni tecnico economiche sottostanti a questo nuovo assetto, dunque, ha finito per imporre un deciso rafforzamento della capacità di governo pubblico del settore, attraverso l’inserimento nella filiera istituzionale di un’autorità indipendente già operante e ben sperimentata, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, il cui raggio d’azione è stato appunto esteso al servizio idrico. Quando questa Autorità ha iniziato ad operare nel territorio nazionale con riferimento ai soli mercati dell’energia elettrica e il gas,  il settore idrico da poco aveva visto venire alla luce la prima normativa coerente e omogenea circa la sua gestione e la sua regolazione. Erano gli anni novanta ed il contesto economico e sociale era completamente diverso da quello attuale. Negli anni duemila, a ridosso del referendum del 2011 e dell’altalena legislativa che aveva riguardato i servizi pubblici locali e in particolare il servizio idrico, il nostro paese si trovava nel pieno della crisi economica scoppiata negli anni precedenti. In questo mutato e mutevole contesto, il legislatore incapace di far fronte alle problematiche e ai fallimenti in cui il servizio idrico stava rapidamente inciampando, non poté far altro che assecondare le spinte che provenivano dal dibattito giuridico ed affidare anche questo settore alla regolazione indipendente.

Il regolatore si trovò però ad operare in un settore molto diverso da quello in cui fino ad allora aveva potuto sviluppare il suo operato e le proprie competenze, in primo luogo per le peculiarità della risorsa idrica, bene scarso, non sostituibile, inoltre  un cd. bene di sussistenza, ed in secondo luogo per il sistema legislativo di riferimento, figlio dell’abrogazione referendaria e schiavo di incertezze normative. Date tali vicissitudini e divergenze, dunque, è interessante interrogarsi su come, quella che oggi è l’AEGSII, si sia approcciata alla materia, i risultati ottenuti e le strategie future. Come sostenuto in più occasioni dai componenti e dal presidente dell’Authority dal momento in cui le sono state attribuite tali funzioni di regolazione, l’obiettivo è stato quello di mettere a disposizione l’esperienza di regolatori nel settore dell’energia nel settore idrico, trasponendo una certa metodologia che tenesse conto degli aspetti peculiari della risorsa idrica. La strada direttrice ha previsto pochi obiettivi, ma di ampia portata, i quali col tempo dovrebbero affinarsi sempre di più.

 

Uno dei primi è stato quello di garantire un livello di cooperazione tra il livello centrale (Autorità) e il livello locale (ATO). Infatti in Italia sono presenti più di sessanta ATO, i quali data la vicinanza territoriale ben riescono a gestire la fase di programmazione della gestione e degli investimenti condividendo esperienze e obiettivi con gli enti locali. In particolare lo scopo era quello di non disperdere il vantaggio informativo di una regolazione decentrata in virtù della più puntuale conoscenza e definizione delle priorità e delle preferenze locali. Per questo motivo il regolatore nella sua esigenza di coordinamento si è posto come  come « l’estensore di un metodo», come una sintassi  che indicasse il registro da utilizzare affinché le decisioni potessero essere prese in modo il più possibile omogeneo.

In secondo luogo l’AEEGSII, dovendo necessariamente individuare il modo di intervenire sulla rete per ammodernarla e avendo ereditato un gravissimo deficit di investimenti, ha dovuto necessariamente adoperarsi in tal senso. L’investimento è infatti la prima esigenza del sistema ed il compito del regolatore è quello da dire efficienza al sistema. L’eredità raccolta conteneva investimenti annui che non raggiungevano il miliardo di euro, mentre le stime condivise chiedevano investimenti nel settore che si aggirassero almeno tra i tre e i cinque miliardi annui. Questa strada, tutta in salita, ha già portato ad un raddoppiamento negli investimenti di settore grazie all’introduzione di una serie di incentivi e di premialità offerte ai gestori che si fossero rivelati virtuosi. È emerso che il semplice fatto di aver messo in piedi un sistema omgeno, stabile e trasparente  abbia dato fiducia agli investimenti. Non meno importante in tal senso è stata l’attività volta a ridurre il numero delle gestioni del servizio presenti sul territorio italiano, le quali si stimavano essere circa tremila.

Con l’Autorità abbiamo assistito alla riduzione di alcune di queste, tanto che oggi il numero di operatori nel settore è sceso di circa cinquecento unità.

 

In terzo luogo ciò che l’Authority  sta cercando di portare avanti e di utilizzare come possibile strategia di intervento e miglioramento futuro è una riflessione condivisa a livello europeo. Per promuovere un coordinamento a livello europeo fra i regolatori del settore idrico, per creare un punto di riferimento e di scambio  di  best  practices per  favorire  gli investimenti,   un servizio efficiente e di qualità,   la sostenibilità ambientale e la tutela dei consumatori, è nato il  Network Regolatori europei dei servizi idrici (WAREG) che ha riunito per la prima volta 11 authority di settore. Tale riflessione condivisa sta permettendo anche ad altri paesi europei di guardare alla nostra esperienza nazionale e di aprire un dibattito sulla necessità di un regolatore centralizzato sulla costa della nostra esperienza. Inoltre ha anche permesso di aprire un dialogo con la Commissione Europea per fare in modo che, anche  a tale livello, si metta mano alla regolazione e si individuino norme condivise, specifiche ed omogenee. Come sostengono gli stessi menbri dell’Autorità, se la regolazione è un linguaggio allora andrà codificato anche  a livello europeo.

 

 

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